martedì 23 giugno 2009

PASTA CON IL SUGO ALLA NAPOLETANA

... Vi ho lasciato in sospeso con l'ultimo post, infatti vi ho raccontato del mio ragù, della carne, del sugo.... e la pasta?

Eccola qui la pasta



un colorato, profumato, g
ustoso piatto di pasta condito con quel meraviglioso sugo che è il ragù alla napoletana.

Se non siamo celiaci, credo che la pasta, comunque preparata o condita, sia il piatto nazionale più diffuso.





Sulla sua origine non ci sono certezze, anche se tante sono le tracce della sua presenza in epoche e popoli diversi.


Ancora una volta è l'etimologia che ci aiuta a capire l'inizio di questa storia di nome "pastasciutta".
La parola pare derivi dal greco "
pasth" che letteralmente vuol dire "farina mista a un liquido", che a sua volta deriva dal verbo "passein" impastare; in latino la parola diventa "pasta".
Quindi la pasta era conosciuta, non come siamo abituati a mangiarla noi, già dai Greci, dai Romani e dagli Etruschi che pare preparassero delle lasagne di farro, cereale molto diffuso nell'antichità.

Poi per secoli si perdono le tracce della pasta.


I cereali rappresentavano già da tempi remoti la base consolidata dell'alimentazione di molte popolazioni.
Indagini e studi di archeologia alimentare, evidenziano come nel bacino del mediterraneo si svilupparono coltivazioni di frumento, orzo, e farro, di avena nel Nord Europa e di segale nelle aree dei paesi anglosassoni. Molti popoli scelsero come base della loro alimentazione nel corso dei secoli i cereali e in tappe successive si arrivò alla macinazione dei chicchi, alla farina, all'impasto, alla sfoglia ed infine alla pasta.

Ecco che intorno all'anno Mille, riappare la pasta documentata in una ricetta, nel libro "De arte Coquinaria per vermicelli e maccaroni siciliani", scritto da Martino Corno, cuoco del Patriarca di Aquileia.

Qualche decennio più tardi, nel 1150, il geografo arabo Al-
Idrisi, al servizio di Ruggero II, riferisce che a Trabia, a 30 km da Palermo, "si fabbrica tanta pasta in forma di fili, ["tria" in arabo], che viene esportata in tutte le parti"; fili di pasta col buco, fatti al torchio e seccati all'aria aperta.
Ancor oggi, la parola "tria", derivata proprio da quei fili, designa la pasta fatta in casa in vaste aree della Sicilia e della Puglia.


Di certo la pasta era già ben conosciuta nei paesi arabi, dove ancora oggi si parla di "
makkaroni".
Da questi paesi il passaggio in Grecia e Sicilia, in quei tempi colonie arabe, è facile. In verità, gli Arabi portarono la pasta per tutto il bacino del Mediterraneo, ma soltanto in Italia essa si diffuse in maniera così straordinaria.

Come gli Arabi arrivarono alla pasta secca, è ancora un mistero, si presume, tuttavia, che dovendo rifornire le carovane durante i lunghi viaggi nel deserto per i commerci, avessero la necessità di un cibo non deperibile.


Le date non supporterebbero la teoria che fu Marco Polo a far conoscere la pasta nel 1295 portandola di ritorno dal suo viaggio in Cina, paese in cui questa era preparata prevalentemente con la farina di riso.
Quando Marco Polo rientrò in patria, la pasta era già conosciuta e consumata, oltre che prodotta, in varie zone della Penisola.


Tanti sono i riferimenti alla pasta che si trovano in vari scritti del Trecento e Quattrocento dal Boccacio, nel Decamerone, ai versi di Jacopone da Todi dove la cita esplicitamente" Chi guarda a maggioranza spesse volte si inganna. Granel di pepe vince per virtù la lasagna."

Bartolomeo Scappi nel suo libro di ricette (1570) consiglia di cucinare tagliatelle e maccheroni nel brodo o nel latte e di servirle con cannella e zucchero; mentre in un carteggio di un mercante dell'epoca si parla di ravioli fritti ripieni di carne, uova, formaggio e prezzemolo, spolverizzati di zucchero.

Tra 1400 e 1500 si diffonde in Liguria la produzione artigianale dei "
Fidei", antenata degli attuali "fidelini". Nel 1574 nasce a Genova la Corporazione dei Pastai, mentre tre anni più tardi, a Savona viene costituita la "Regolazione dell'Arte dei Maestri Fidelari".


All'epoca la pasta veniva venduta normalmente, ma era molto costosa. Le corporazioni dei pastai, sorte in varie città e borghi dell'epoca, si riservavano il diritto di produzione esclusiva, conservando gelosamente le ricette.

In tutta Italia iniziarono comunque a sorgere i primi pastifici, e così un po' alla volta divenne un cibo popolare.
Napoli, ad esempio, era un pastificio a celo aperto, le vie disseminate di pasta messa ad asciugare al vento e di venditori ambulanti che vendevano "maccheroni".


Si deve attendere il XVII
sec. per assistere a quello che sarà un vero e proprio cambiamento culinario quando, proprio a Napoli, la pasta incontra il pomodoro, arrivato dall’America. L'unione della pasta al pomodoro fa cadere le combinazioni dolce-salato che fino ad allora si utilizzavano in cucina.


Con l'invenzione della forchetta a quattro punte corte, pensata da Gennaro Spadaccini ciambellano di Ferdinando II di Napoli, per poter mangiare più facilmente gli spaghetti, la "pastasciutta" si eleva nuovamente a cibo di corte, oltre che popolare e conosce fortuna anche all'estero.

Con i primi dell'Ottocento, sempre a Napoli, inizia la prima produzione in forma industriale della pasta, ma questa è una' altra storia....


2 commenti:

  1. la pasta è sempre la pasta se poi è condita con il nostro ragù non ti dico!

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  2. Complimenti per la tua pasta.
    Io sono mangiona di pasta, mio marito ancor di piu',lui se la
    gusta due volte al giorno ( beato lui che non ha problemi di linea )

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